Il mio viaggio

E’ una promessa

Quando mi ritrovai a Victoria Station, da solo e senza la minima idea di dove andare, mi resi conto che ormai non era più possibile tornare indietro, ma soltanto proseguire in avanti e scoprire cosa sarebbe successo.

I primi giorni nella capitale inglese furono bellissimi. Hyde Park, il Big Ben, il Tower Bridge, il Craven Cottage, Stamford Bridge e tanto altro. Le emozioni di quei giorni furono incredibili, ma una volta ambientatomi bisognava sbrigarsi per trovare una camera per poter dormire e un lavoro per pagarmi le varie spese, dato che i soldi erano contati.

All’epoca, oltre ai classici “Hello, Good Morning Thank You”, non conoscevo altra parola d’inglese, e questo complicò le cose; per questo motivo, mi dovetti accontentare di fare il lavapiatti in un famoso ristorante italiano nel cuore della città, dove purtroppo non fui trattato proprio bene…

I giorni passavano, la mia “casa” era una camerata d’ostello composta da oltre dieci persone e il sogno di giocare a calcio in Inghilterra andava giorno dopo giorno svanendo. Le difficoltà erano tante, e nonostante Londra mi stesse schiacciando ogni giorno di più, con una forza che non avrei mai creduto d’avere provai a reggere ad ogni botta della vita, fin quando però, il 25 marzo 2013 tornai a casa.

Con le lacrime agli occhi e con l’anima distrutta, prima di mettere piede sull’aereo, con lo sguardo rivolto verso il cielo feci una promessa: «cara Londra, tutto quello che ti sei presa adesso me lo restituirai dieci volte di più. A presto.»

Avevo 19 anni, ed il primo e grande fallimento della mia vita era già arrivato…