Il mio viaggio

Bisogna essere forti, molto forti…

Avevo fallito, e su questo non c’erano dubbi.

Intorno a me, nel giro di poche ore, ritrovai tutte le persone, le cose e le comodità che avevo avuto fino al giorno prima della partenza, e per quanto un po’ mi fossero mancate, al mio ritorno, ogni cosa mi apparve in modo diverso.

I 32 giorni in terra Inglese mi cambiarono totalmente la vita, e dopo aver trascorso due settimane di depressione, quando ritrovai la forza di alzarmi dal letto, l’unica cosa che mi regalò un sorriso furono le foto di quei luoghi che sembravano riportarmi lì, nella terra che amo.

Mamma e papà mi fecero capire che era ora di rialzarsi e darsi da fare. Dovevo riprendere in mano la mia vita e iniziare a pensare a cosa fare, dato che avevo lasciato anche la scuola per inseguire i miei sogni in Inghilterra.

Per darsi da fare, ovviamente, intendevano di trovarmi un lavoro che mi permettesse di sopravvivere, ma non tanto per continuare a credere in quei sogni che mi rendevano vivo, ma per accontentarmi di quella solita, triste e monotona vita che quasi tutti scelgono di fare per paura di rincorrere i loro più grandi desideri. Ma io no, non avrei mai potuto fare quella vita, per nessuna ragione al mondo. Avrei preferito fallire altre dieci, cento, mille volte, ma non avrei MAI messo da parte i miei sogni.

Sogni che ero convito di raggiungere, anche se in quello stesso anno, purtroppo, abbandonai definitivamente il calcio giocato. Lo abbandonai perché le 50/55 ore di lavoro settimanali, per circa 600 euro al mese, non mi permettevano più di andare agli allenamenti, e dato che volevo assolutamente tornare in Inghilterra per ritrovare la felicità, dopo undici anni di calcio appesi definitivamente le scarpette al chiodo, con la promessa di diventare allenatore, un giorno non tanto lontano.

Lasciare il calcio mi fece crescere, mi rese più forte. Ritrovarsi dinanzi ad una scelta così difficile, a poco meno di 20 anni, non capita tutti i giorni, ma lo lasciai sapendo che comunque non avrei potuto fare nulla di buono nel paese in cui vivevo, dato che le opportunità erano pari allo zero.

Zero, come le possibilità di far capire ad alcune persone che il fallimento non è un problema, ma spesso, se osservato in maniera positiva, può portare a grossi miglioramenti.

Aver fallito, ai loro occhi, voleva significare che quella strada e quella terra non facevano per me…

«Non è meglio stare qui piuttosto che fare il lavapiatti a Londra?»

«Hai fallito, lascia perdere.»

«Pensa a trovarti un lavoro piuttosto che credere nei tuoi sogni.»

Erano queste le frasi che uscivano dalla bocca delle persone che nei mesi successivi incontrai sul cammino della mia vita, e l’unica cosa che mi veniva da rispondergli è che prima o poi ce l’avrei fatta. Sarei tornato in Inghilterra e avrei raggiunto tutto quello che avevo sempre sognato. Ce l’avrei fatta per fargli capire che nella vita bisogna essere forti, tanto forti per credere nei propri sogni. Ed io lo ero.

E così, dato che tutto arriva per chi sa aspettare (e darsi da fare), con il cuore felice e con le lacrime agli occhi per la felicità, quasi due anni dopo il primo e grande fallimento della mia vita, l’11 Marzo 2015 mi ritrovai ancora una volta su quell’aereo, con uno zaino pieno di sogni e speranze.

L’Inghilterra mi stava aspettando. Bowness-on-Windermere mi stava aspettando. Una nuova vita mi stava aspettando.

Era una promessa, e ancora una volta l’avevo mantenuta.